Celina Seghi 100 Anni che traguardo, che storia – di Massimo Di Marco

C’era una volta una bambina alta un po’ meno della sua bambola. Aveva quattro anni e viveva su una montagna in una casetta di legno, spesso nascosta dalla neve. Aveva sei fratellini e due sorelline, tutti più grandi, una bella mamma che si chiamava Lucia e un papà che si chiamava Massimo, burbero ma buono. E lei era Celina, bruna, piccolina, con gli occhi da diavoletta.
Attorno alla casetta c’erano tanti abeti, tantissimi, ed è per questo che la montagna si chiamava Abetone. Il giorno in cui ha compiuto 4 anni la mamma ha preparato una torta con le candeline. Celina giocava nel prato. Quando l’hanno chiamata in casa per la festicciola c’era anche una sorpresa, un paio di sci di frassino. Il papà aveva fatto la punta ricurva infilando il legno in una scala a pioli. Si usava così a quell’epoca.
Il giorno sul calendario era il 6 marzo del 1924. La cicogna aveva portato Celina nel 1920, 116 giorni prima di Zeno Colò e 300 giorni prima che nascesse lo Sci Club Abetone-Val di Lima. Era un sabato, un pasticcio. L’Abetone non aveva il comune, l’ufficio anagrafe più vicino era a Cutigliano, 14 chilometri più in basso. Il papà ha dovuto far passare il sabato e anche la domenica, così la registrazione della nascita é avvenuta l’8 marzo e la bugia è poi diventata per sempre una mezza verità. Ma per il mondo dello sci è oggi, 6 marzo, che Celina compie un secolo: che traguardo!
Lucia e Massimo Seghi si erano sposati il 14 ottobre 1897, una nidiata di bambini ha presto rallegrato la casa. Dopo 6 maschi e una femmina Mamma Lucia ha sognato un’altra bambina che aveva pensato di chiamare Celina come la sorellina di Santa Teresa del Bambino Gesù: un tipetto con addosso l’argento vivo, non troppo alta e più castana che bionda. Non ce l’ha fatta, quando é nata Papà Seghi ha voluto che si chiamasse Maria.
– Però se ne nasce un’altra la chiamiamo come voglio io.

La gonna e il prete

Così qualche anno dopo é arrivata Celina, il papà ha brontolato per un po’. Il tentativo di proporre un nome più comune come Marcellina é fallito. E si é preso anche del grullo.
I primi sci erano arrivati in Toscana e per l’appunto all’Abetone dalla Norvegia nel 1904. Belli ma troppo costosi. Quelli fatti in casa erano una brutta copia ma potevano andare. Tutti i bambini della famiglia ne hanno avuti almeno un paio. Quelli che restavano a sciare sin quando c’era una fessura di luce erano Gino e Maria. Celina si è attaccata alla sua gonna, ha ripetuto in qualche modo i suoi gesti. Il vento tra i capelli la faceva ridere e si divertiva a venir giù scansando gli alberi, i futuri paletti del suo adorato slalom.
– Questo non vuol dire che non avessi una bella fifa. Ovvia, ci si fa l’abitudine.
Dopo tre anni di giochi tra gli abeti arriva il grande giorno. Mentre Arnold Lunn incontra a Sankt Anton Hannes Schneider e creano l’Arlberg- Kandahar, Celina affronta la sua prima gara, il numero sulla schiena la fa impazzire di gioia. Le lamine e gli attacchi erano artigianali, la pista era da inventare, la neve era tutta un capriccio. Insomma Celina è volata per aria, ha perduto gli attacchi ed ha tagliato il traguardo con la luna di traverso e gli sci in braccio, come faceva con la bambola.
Gino, uno dei suoi fratelli, le é andato incontro.
– Niente lacrime, eri troppo veloce, sei caduta perché eri troppo veloce. La prossima volta non cadi e vinci la gara.

Gino aveva 14 anni più di lei, l’istinto del maestro. Ha cominciato così e poi ha fatto il suo allenatore per sempre, un po’ dolce e un po’ carabiniere. Tipo: ” Gli sci te li porti sulle tue spalle anche se sono pesanti, non abbiamo la cameriera e io ho già i miei”. Aveva anche lo zainetto, ha imparato ad arrangiarsi.
Arriva il giorno di un’altra gara, Celina ha 10 anni. Aveva addosso i panni che usavano le sciatrici: calze nere, gonna nera, pullover nero. Aveva saputo che sulla pista c’era anche il prete e…
– Avevo il terrore addosso, volevo andar forte ma non volevo cadere. Mi dicevo: non cadere, non cadere, sennò mi si alza la sottana proprio davanti a lui… Meno male, é andata bene.
Il giorno dopo la mamma l’ha vista uscire di casa di corsa ed infilarsi nell’uscio di una vicina che faceva la sarta.
– Voglio i pantaloni come i maschi, di gabardine.
Erano così lunghi che finivano dentro gli scarponi di vacchetta. Poi sono arrivati quelli alla zuava, li portava con i calzettoni rossi e un maglione rosso.
Poco prima degli 11 anni l’Abetone organizza i Campionati Provinciali. Vince e da quel momento Celina vola. Si allena con Vittorio Chierroni e Zeno Colò, cerca di stare sulle loro code. L’allenatore vero però é sempre Gino Seghi, “il mio caro mastino”. La grinta di Celina lo entusiasma, gli fa pensare che diventerà una grande sciatrice. Però non gli piace ancora il suo stile. La controlla mentre viene giù dalla pista, non gli piace come mette gli sci e la rimanda alla partenza. Dieci volte, venti volte. Prende i tempi, annota tutto su un quaderno.
– Non sarei diventata nessuna senza di lui.
Verso i 14 anni parte con una valigetta per il Sestriere (allora Sestrières) teatro dei Campionati Italiani. Dentro ha tanti ritagli di stoffa, vuole cucire un bell’abito per la sua bambola preferita. Questa cosa fa il giro degli alberghi. Una giornalista va a cercarla, vuole vedere la valigetta e vuole conoscere Celina. Alla fine dell’incontro si precipita a Torino, torna con una bambola Lenci e gliela fa trovare in un pacco. Celina lo trova sul letto, pensa che sia un maglione, invece è la bambola più bella del mondo e caccia un urlo. Le altre ragazze si spaventano, corrono da lei. Celina piange e ride, é su una nuvola.
Quando arriva il momento delle gare non può passare inosservato questo “Topolino” ( uno dei suoi tanti soprannomi assieme a Diavoletto Rosso, la Tigre dell’Abetone, lo Scoiattolo dell’Abetone, etc) che non dimostra neanche la sua età. Il numero di gara le lascia libere solo le gambe. Si avvia alla partenza della discesa libera trotterellando sotto gli occhi del Principe di Piemonte (Umberto di Savoia) che la guarda divertito:
– Ma stai giocando, dove vai con quel numero?
Celina si sente derisa, é piena di rabbia.
-Me ne scappai in albergo a piangere di nascosto e solo il pugno di ferro di mio fratello mi costrinse a partecipare alle gare.
Piccola ( non crescerà mai sopra l’1,52) e minuta, leggera, é arrivata terza tanto in discesa che in slalom. Ma non ha sorriso neanche un po’ alla premiazione, era triste.
– Io gareggiavo per vincere, non per fare bella figura o per farmi applaudire.

Voleva una vendetta, una rivincita soprattutto con se stessa. Ha capito di avere assolutamente bisogno dei consigli di Gino e Gino la adorava, certo del suo talento innato, del suo carattere combattivo, della sua mentalità vincente. Anche mamma Lucia faceva per lei un gran tifo, per quell’epoca era una donna moderna, le piaceva l’idea che Celina potesse diventare una stella dello sport. Per la stessa ragione aveva mandato sulla neve Maria, la seconda figlia. Felice che un giorno le abbiano comunicato che, per i suoi brillanti risultati, era stata promossa nella Categoria Nazionale. Tra i suoi meriti la pazienza che ha avuto con Celina quando le si attaccava alla sottana per non restare indietro.
L’anno successivo al Sestrierès (Celina ne ha 15) l’Abetone organizza i Campionati Italiani Juniores. Le piste non erano battute ed erano appena accennate, contava molto non aver paura e avere il fiuto per la traiettoria più veloce. Sciare su quelle zolle di neve e ogni tanto anche grumi di ghiaccio, era come cavalcare un cavallo un po’ pazzo. Le ragazze iscritte erano tante, non mancavano quelle ben messe, logicamente favorite in discesa. Nell’ambiente toscano Celina è più pronosticata in slalom, favorita dall’istinto naturale per l’attacco e anche dal fisico. Teorie. In realtà Celina non vince lo slalom ma la discesa dove prende rischi terribili. Suo fratello Gino chiude gli occhi o si gira dall’altra parte per non vedere. Al traguardo “Topolino” è raggiante.
– La velocità mi fa impazzire.

La rabbia e le briciole

Adesso, inverno 1936, sono in arrivo le Olimpiadi che Garmisch organizza dal 6 al 16 febbraio. Lo slalom è sulla Gudiberg e la discesa sulla Kreuzeck. Alle ragazze è riservata una pista selvaggia di 3300 metri, tutta contorta con le curve troppo storte o che sparano dalla parte sbagliata. Celina partecipa alle selezioni. In slalom ottiene il secondo miglior tempo dietro la mitica Paola Wiesinger. In discesa è troppo lenta. Attacca più che può ma capisce che il suo peso leggero (meno di 40 chili) è un handicap sul ripido lungo. La Federazione Italiana decide di escluderla e manda avanti Clara Frida, Nives Dei Rossi, Paola Wiesinger ed Isa Crivelli. Le polemiche infiammano l’ambiente, si dice che le quattro azzurre selezionate fossero state prescelte più che scelte visto che le loro divise erano già nelle loro valigie. Il Presidente Renato Ricci interviene e spiega in una conferenza stampa piena di elettricità che Celina viene lasciata a casa perché è troppo giovane: non ha ancora 16 anni ed a norma del regolamento potrebbe essere squalificata. Ma allora perché le hanno fatto fare le selezioni?
Celina piange per due giorni abbracciata alle sue bambole, la mamma é furente, Gino un po’ di più.
Alla fine Celina ha deciso:
– Voglio compiere 17 anni il prima possibile.
Scoppia una grande risata in casa. La luna é passata, ma non la rabbia.

L’anno dopo a Selva Gardena si svolgono i campionati italiani e Celina vince tutto, la discesa, lo slalom, la combinata. I giornali sparano il suo nome in grande, tutti i tecnici sono convinti che sia cominciato un miracolo. Quando torna all’Abetone le organizzano una grande festa. Gino la trascina fuori dalla porta quando non ha ancora avvicinato le labbra ad un aperitivo analcolico.
– Tu bevi solo quello che ti dico io. Non fare la matta e non montarti la testa. E domani prendi gli sci brutti che ti devi allenare.
Mannaggia. Appena due briciole di torta. Ma Celina sapeva che Gino era un asceta e che si dedicava a lei 24 ore al giorno perché lo sci potesse darle le più grandi felicità. Un’idea della disciplina eletta a religione e dei sacrifici più impietosi era diventata uno stile di vita. Per lei e per lui che guardava le ragazze ma che si é sposato solo dopo che nel 1956 Celina ha pensato di ritirarsi perché vinceva tutto e sempre, lo sci era diventato troppo facile.
Maria era più brava a svicolare, si distraeva un po’ di più ma non é che non le piacesse vincere.
E’ stato fantastico ai Campionati Italiani del 1939. Celina giocava in casa ma non era la favorita in discesa dove la triestina Nives Dei Rossi, una bella bionda di 30 anni che portava i colori romani dello Sci Parioli, si sentiva già il titolo in tasca. Soprattutto quando il sorteggio ha dato a Celina il numero uno. Le cronache dell’epoca dicono (magari non é vero) che Nives avesse preso un accordo col suo allenatore. Si sarebbe piazzato a metà pista e le avrebbe fatto capire con una bandierina alta piuttosto che bassa, se fosse stata davanti o dietro la sua nemica. Poi capita che quando la bella bionda guarda il suo allenatore per decifrare i codici si distrae, cade di brutto. Si rialza e continua ma al traguardo per calcolare il suo distacco basta la clessidra. Così Celina, venuta giù più veloce del fulmine, vince nella Categoria Azzurre. E nella categoria Nazionali vince Maria e a Gino vien voglia di piangere. Cosa che fa, anche se non era il tipo. Poi Celina vince anche il titolo dello slalom (Nives Dei Rossi non c’é) nonostante un volaccio nella seconda manche. Maria finisce quarta ma seconda nella combinata a 8 punti da Vittoria Ferrari, un’altra dello Sci Club Abetone. Sembra che questa volta Gino avesse dato a Celina il permesso di partecipare alla serata in suo onore per dieci minuti e di brindare con un bicchiere d’acqua, massimo due.
A questo punto Celina era diventata la numero uno della Squadra Azzurra, nei suoi sogni compaiono i Campionati del Mondo che Cortina d’Ampezzo organizza dal 1° al 9 febbraio del 1941.
Voleva confrontarsi con le grandi sciatrici del momento, misurarsi soprattutto con Cristl Cranz, una donna più massiccia e più alta e più grande di 6 anni, nata in Belgio ma poi scappata a causa della prima guerra mondiale da tutte le parti fin quando si é fermata in Germania. Aveva vinto la prima gara a 9 anni, un’emozione bellissima che raramente ha poi lasciato alle sue avversarie. Tra il 1934 e il 1939 aveva vinto 12 titoli mondiali e la medaglia d’oro della combinata alle Olimpiadi del 1936. Anche lei aspettava i Mondiali di Cortina per migliorare la sua collezione di medaglie e per fare un bel po’ di soldi promessi dal governo tedesco che voleva fare di lei una bandiera. Ma riecco sulla sua strada un’altra guerra. Questa volta ancora più feroce. Le Squadre Nazionali rimangono chiuse in casa e i Mondiali si ridimensionano in un ping-pong tra Italia e Germania. La FIS poi non li riconoscerà e manderà le medaglie in discarica. Il grande, incommensurabile prodigio di questo confronto, avviene tra le 44 porte dello slalom. Celina distacca Cristl Cranz di 2″8 nella prima manche e di 1″6 nella seconda. Totale 4″4. Un giorno ho incontrato Cristl Cranz a Oberstaufen, dove aveva una pensione zeppa di medaglie e trofei.

– A Cortina quella piccolina sembrava radiocomandata. Veniva giù tra i paletti tutta schiacciata sugli sci, li schivava come se fossero stuzzicadenti a una velocità incredibile. Alla fine della gara ci siamo abbracciate. Non so se fosse più felice per aver vinto o, come credo, per avermi battuto.
Nella favola di Celina Seghi questo é stato un momento magico che ha misurato la sua potenza e la sua voglia di sfidare l’impossibile, soprattutto ha incorniciato con la matita rossa la sua intelligenza tattica. Eppure questo é stato solo l’inizio della sua carriera.
Fino a questo momento ci aveva dato la fotografia di una slalomista nata slalomista. In discesa contava il suo coraggio extralarge. Così leggera pativa le partenze in piano, le occorreva più pista per guadagnare velocità. Poi, dove le altre rallentavano perché non riuscivano a star dentro o temevano di non farcela, lei recuperava terreno. Quindi poteva contare su piazzamenti che accoppiati al buon esito degli slalom la disegnavano come una combinatista d’alto livello. Lo sci dell’epoca considerava la vittoria in combinata più importante di quelle nelle specialità singole ed è stato così per molti anni, sino all’alba della World Cup.
La Seconda Guerra mondiale ha fatto milioni di morti ed ha ucciso anche lo sport. Campioni fuoriclasse sono rimasti inchiodati lì, sotto le bombe o al fronte, da dove non sono tornati. Le gare di sci sono ricominciate nel 1947, Celina aveva 27 anni quando si è iscritta al Concorso di Grindelwald, una delle patrie dello sci in Svizzera. C’era una nuova gara, si potrebbe dire una via di mezzo tra lo slalom e la discesa, la FIS stava sperimentando lo slalom gigante. Celina lo vince, è seconda in discesa e terza in slalom: prima in combinata. La sua passione torna a vivere ed è la vigilia delle Olimpiadi di Saint Moritz, 1948. La prima gara femminile è la discesa, programmata nel pomeriggio del 2 febbraio. In mattinata si svolge la discesa maschile e Celina vede Zeno Colò volare in un nodo della pista dove l’eccesso di velocità produceva solo danni. Inizia la gara, la favorita è la francese Georgette Miller-Thiollière che ha il numero 2 e che dopo 100 metri sparisce in una nuvola bianca. Celina ha il numero 9 e non è la vera Celina, é contratta, tiene troppo e si classifica quarta. Perde 2″9 dalla svizzera Heidi Schlunegger, la medaglia d’oro, una bella ragazza di Wengen che viene giù con una lunga sciarpa svolazzante. Moralmente è a terra, nello slalom ha il 14° tempo, un quarto posto in combinata non la consola. Per aiutarla ad uscire dal suo malessere psichico (di questo si tratta) l’Abetone crea in suo onore la Coppa Foemina di slalom e discesa che diventerà una classica. Celina sa quale sarà la sua medicina. Ha bisogno di credere in se stessa come prima, ha bisogno di vivere una grande impresa: il distintivo d’oro AK con diamanti è il suo nuovo sogno.
Prima della Coppa del Mondo c’era l’Arlberg-Kandahar. La celebrità austriaca Hannes Schneider aveva scelto Arlberg, Kandahar era stata un’idea di Sir Arnold Lunn, l’inventore dello sci agonistico. Il nome doveva ricordare il successo inglese in una battaglia. E’ stato un modo per firmare assieme una combinata discesa-slalom dove il risultato della discesa determinava l’ordine di partenza della seconda gara. Il rapporto tra il tempo della discesa e quello dello slalom era di 1:2: Questa era la regola di base ma non è tutto qui. Contavano anche le vittorie nelle singole gare. I premi erano di diversi livelli, prima il distintivo d’argento, poi quello d’oro, poi quello di diamante. ( Foto: Celina Seghi fra Zeno Colò e Vittorio Chierroni)

Il primo Arlberg -Kandahar si è svolto a Sank Anton nel 1928. Celina nel 1947 aveva vinto l’A-K d’argento dopo aver vinto la discesa, seconda nello slalom, prima in combinata. Nel 1948 a Chamonix è terza in discesa, prima in slalom e combinata. E’ un altro A-K d’argento e adesso ce ne vuole un terzo per ottenere l’A-K d’oro. La caccia inizia con la discesa dell’Arlberg Kandahar che si svolge nel 1949 a Sankt Anton. Non è una bella giornata. A circa metà pista Celina cade all’inizio di un falsopiano, è già tanto che in classifica termini quinta.
Le fa male una spalla. Le radiografie rivelano un’incrinatura dell’omero sinistro e il dottore le raccomanda di tornare subito a casa. Invece Celina vuole tornare in pista per lo slalom. Ha quasi 39 di febbre, ma non importa. La spalla è imprigionata in una fasciatura rigida e il dottore le pratica un’iniezione di morfina. Per disdetta la gara inizia con mezzora di ritardo, quando l’effetto della morfina è già finito. Non fa niente, Celina viene giù con gli occhi pieni di lacrime, stringe i denti, può usare poco il braccio sinistro, le sembra che dentro ci sia il fuoco. Al traguardo c’è una sorpresa. Il capo dei cronometristi la tira in disparte:
– Signorina, siamo dispiaciuti. Il cronometraggio elettrico non ha funzionato perchè il freddo l’ha bloccato. Con il cronometraggio manuale lei avrebbe il miglior tempo ma il regolamento dice che deve ripetere la prova.
Sì, va bene. Celina risale il pendio e si butta nuovamente giù. Il dolore alla spalla è insopportabile, non ha più energia, al traguardo sviene, soccorsa subito da Gino. Purtroppo non ha visto l’ultima porta, la squalifica sarebbe inevitabile. Il giudice arbitro, Grazia Van den Bergh, si intenerisce, tanta sfortuna non è possibile. Arnold Lunn accetta subito la sua proposta: Celina è riammessa fra le concorrenti della seconda manche (che per lei è la terza) e se arriverà fra le prime tre vincerà l’A-K d’oro. Il dottore le fa un’altra iniezione di morfina, é stanchissima, passa nelle ultime tre porte praticamente seduta sugli sci. Ma è terza, ce l’ha fatta. Viene trasportata subito a Milano dove le ingessano la spalla per 50 giorni. Lunn scrive sulla Kandahar Review: ” E’ stato tutto straordinario, non avevo mai visto qualcosa del genere in una gara di sci, questa ragazza é stata un’eroina”.
All’Abetone impazziscono, Celina è travolta in una festa alla quale partecipa tutto il paese e questa volta non vuole rifiutare un bichiere di champagne. Fa solo in tempo a sfiorarlo con le labbra, Gino la trascina via.
– Ma sei diventata matta, ti ricordi che devi andare ad Aspen ?
Nel 1950 la Federazione Italiana é senza soldi. I fondisti non vanno ai Mondiali di Lake Placid mentre a quelli di Aspen partecipano in cinque. Celina è la sola donna e si sente anche più sola perché Gino, nonostante sia l’allenatore della Squadra Femminile, é rimasto a casa. E’ triste. In discesa si difende poco (16a), nello slalom gigante un po’ di più (12a), nello slalom il suo talento la proietta al secondo posto della prima manche e alla fine alla medaglia di bronzo. Non è poi così male. I trionfi di Zeno Colò mettono allegria, Celina gliene ruba un po’, ha bisogno di sentirsi bene e che le torni la rabbia di vincere. Nel 1951 al Kandahar del Sestriere piomba sul terzo posto dello slalom: ciò le permette di toccare la vetta di tutte le vette, conquista l’A-K di diamante.La favola diventa storia e la storia diventa leggenda. Tra il 1928 e il 1968, quando il Kandahar esce di scena, ce l’hanno fatta solo 10 uomini e 6 donne.
Celina ha 31 anni è la donna più famosa d’Italia. Il solo pensiero della sua vita é stato lo sci, con un leggero colpo d’ali nella moda (invernale). Tipo i pantaloni cuciti dalla sua sarta, la fascia sui capelli coordinata con il maglione, una giacca a vento di tela simile al blue-jeans. Una Casa francese nel 1948 le ha proposto la rappresentanza dei primi pantaloni elastici. L’ha rifiutata assieme a tanto denaro, voleva sognare ancora. (Foto:Seno Colò, Gustavo Thoeni, Celina Seghi)

Nelle gare classiche saltellava ogni tanto sul podio. Ma intanto venivano avanti i fortissimi rincalzi svizzeri, austriaci e francesi che avevano imparato a sciare con sci più progrediti, nuovi sistemi d’allenamento.
Alle Olimpiadi di Oslo del 1952 un’altra azzurra (Giuliana Chenal Minuzzo) più giovane di 11 anni vince la medaglia di bronzo della discesa. Celina in questa gara è lontana (16a), un po’ più vicina al podio nello slalom gigante (7a) e vicinissima nello slalom (4a).
Poi arrivano i Mondiali del 1954 ad Are, Svezia. I risultati non sono pessimi ma neppure entusiasmanti. La pista della discesa (23a) non le piace, nello slalom gigante (21a) rischia di cadere, nello slalom (9.a) fa ancora bella figura ma è ora di smettere. Nel 1955 dopo aver vinto le selezioni per le Olimpiadi di Cortina abbraccia le sue compagne di squadra e sale sull’automobile di Gino alla volta dell’Abetone. Ha detto basta, ha 35 anni. La pila non si é esaurita ma è troppo bello guardare indietro.
Nel 1971 sposa un medico di Pistoia, il dottor Fiorino Fiorineschi. Abita in città ma spesso sale all’Abetone. E anche se ha 68 anni nel 1988 prende il posto di Zeno Colò, indisposto, nel Trofeo delle Regioni e con un risultato impressionante, terza nella sua categoria, assicura allo Sci Club Abetone il millesimo successo.
L’ultima gara (nota) avviene nel 1990 quando si prende una grande rivincita sull’austriaca Dagmar Rom che ai Mondiali di Aspen del 1950 aveva vinto la medaglia d’oro dello slalom con 1/10 sulla compagna Erika Mahringer. E lei, terza, é rimasta staccata di 1″7. Se l’é legata al dito ed ha aspettato la sua rivincita per 40 anni. Nonostante i suoi 70 contro i 65 della rivale, le ha appioppato 7 secondi.
Celina non si è mai separata dalla sua voglia di gara. Solo sette anni di guerra hanno frenato i suoi trionfi. Piccola donna ma Grande Donna ha stupefatto a lungo il mondo dello sci. Il suo risultato più sensazionale non è avvenuto né alle Olimpiadi né ai Mondiali e persino nell’Arlberg-Kandahar. Tutta la sua classe si è specchiata nel 1950 poco prima dei Mondiali di Aspen in una pista ghiacciata di Seefeld, accanto a Innsbruck. Donne e uomini hanno gareggiato assieme e complessivamente erano 180. C’erano tutte le celebrità e Celina si é classificata settima. Gli organizzatori non potevano crederci. Avevano pensato che una coppa sarebbe bastata per far felice la regina della classifica femminile. Ma questo risultato era qualcosa di fantastico, imprevisto e imprevedibile. Non era proporzionato ad un premio così piccolo.
Sono corsi dal gioielliere ad acquistare un braccialetto d’oro. Celina ha aperto l’astuccio con curiosità e poi si é lasciata fulminare dall’emozione tra gli applausi di venticinquemila spettatori.(Foto: Celina col marito, il medico di Pistoia Fiorino Fiorineschi)

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