Potevo forse perdermi l’occasione di rispolverare i vecchi Rossignol 4S Equipe… di Raffaello Franco

Chi se la ricorda la bidonvia del Verena? Per me, piccolo sciatore di 40 anni fa, era un’impresa riuscire a sincronizzarmi, impacciato nei movimenti da scarponi troppo rigidi e gravato dal fardello di sci pesanti e lunghi tre spanne più della mia altezza, per salire al volo su quel cesto di ferro che portava fino ai 2019 metri del Monte Verena. Su, su tra boschi di abeti rossi imbiancati dalla neve che pian piano si diradano per lasciare spazio ad aridi roccioni abbarbicati sui pendii scoscesi della cima. Saliva lenta la bidonvia, sempre più su fino alla base del Forte dal quale, alle ore 3.55 del 24 maggio 1915, vennero sparati “due colpi squillanti, metallici, laceranti, che attraversarono il cielo azzurro, intonando l’inno di guerra. A distanza di pochi secondi, rispondono, da lontano, i cannoni di Campolongo e Cima Corbin”  (tratto dalle memorie del Colonello Fabbri, n.d.A.). Le prime cannonate di una guerra che tra militari e civili, solo nel nostro Paese, lasciò sul campo oltre un milione di morti, partirono da qui, da questo importante manufatto bellico che all’epoca, con tutta probabilità, era la maggiore opera fortificata italiana. Sentinella dell’Altopiano dei Sette Comuni, strategicamente svolgeva l’ardito compito di battere le opere corazzate del nemico situate tra lo Spitz Verle, la Busa Verle e Luserna. Dopo nemmeno venti giorni dall’inizio della guerra l’artiglieria del Forte Verena venne messa a tacere da un colpo di obice Skoda da 305 mm posizionato a Levico che compromise irrimediabilmente l’opera fortificata. Dodici mesi dopo si accese la Battaglia degli Altipiani. Nel corso dell’offensiva di primavera, scatenata dagli austroungarici e passata alla storia con il nome di Strafexpedition, quello che restava del Forte Verena cadde in mano nemica e vi restò fino alla fine della guerra.

Oggi, a distanza d’un secolo da quei tragici eventi, i cannoni tacciono e non c’è nemmeno più la bidonvia sostituita ormai, diversi anni fa, da una più comoda seggiovia e dagli anni in cui ero bambino l’offerta turistica della Ski Area Verena 2000 si è notevolmente ampliata grazie alla realizzazione di altri impianti di risalita ed all’apertura di nuove piste. Il Forte, nel frattempo ristrutturato e divenuto un monumento alla memoria, sempre lassù a dominare un panorama mozzafiato.

Si respira la storia tra quelle rocce e quei pini rossi del bosco degli urogalli coperti di neve,  una storia che è anche quella dello sci che proprio qui sull’Altopiano di Asiago vide all’opera alcuni dei primi maestri “diplomati” già nella metà degli anni ’30 del secolo scorso, una storia di uno sport che dal 2016 viene rievocata, sulle piste del Monte Verena, grazie agli Sciatori d’Epoca , l’associazione che organizza la gara di slalom storico aperta a tutti! Unica regola imposta ai partecipanti è quella di presentarsi al cancelletto di partenza calzando “sci dritti”, meglio se con abbigliamento adeguato all’epoca dell’attrezzo calzato. Tre le categorie, maschili e femminili, ammesse alla competizione 2018: Sciatori d’Epoca Pionieri (sci di legno); Sciatori d’Epoca Veterani (sci dritti in metallo o plastica anni ’60/’70) e Sciatori d’Epoca Amatori (sci dritti in metallo o plastica anni ’70/’80, ma senza piastre o rialzi sotto gli attacchi pena la squalifica).

Ormai mi conoscete! Potevo forse perdermi l’occasione di rispolverare i vecchi Rossignol 4S Equipe, regalo ricevuto dai miei per il diploma? Assolutamente no! Eccomi qui allora, che mi trovo a ripensare ai tempi nei quali proprio con questi sci, che hanno scritto pagine epiche della storia di questo sport grazie alle vittorie ottenute da atleti straordinari quali Erika HessVreni ShneiderRok Petrovic e, soprattutto, da Alberto Tomba ai Giochi Olimpici di Calgary 1988. Partecipavo, da neo assunto in Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, ai campionati bancari, alla Coppa Città di Padova ed alle tante altre competizioni di slalom gigante come tesserato FISI, nella categoria “cittadini”, per lo sci club aziendale. Alzatacce domenicali per raggiungere le piste. Da Alleghe, a Falcade, a Zoldo, fino a San Martino di Castrozza, a Cavalese, a Valmaron, non c’è stata neve, nel raggio di 300 chilometri da Rovigo, che non sia stata solcata dalle solette dei miei sci. Apice di una scarsa carriera da gigantista, il terzo posto conquistato ad Alleghe ai campionati triveneti “bancari” il 3 marzo 2001. Era il giorno del mio trentesimo compleanno ed una discreta nevicata non mi impedì di centrare il terzo gradino del podio, piazzamento prestigioso quanto inaspettato! La prime due piazze vennero occupate da due irraggiungibili colleghi di Sparkasse Bozen, “valligiani” che una volta timbrato il cartellino inforcano gli sci per allenarsi sulle piste sotto casa.

Quella fu anche la mia ultima gara. Per la cronaca, quel risultato mi consegnò i primi preziosi punti che, sommati a quelli incamerati successivamente in altre discipline, mi permisero di meritare il titolo di “Sportivo dell’Anno 2001”. Tempi andati purtroppo!

Il grande campione di sci Piero Gross

Comunque sia, anche se di acqua ne è passata sotto i ponti, lo spirito non è cambiato. La voglia di mettermi in gioco è sempre la stessa e trovo  che questo viaggio nel tempo organizzato al Verena, rappresenti una buona opportunità per tornare a vivere le sensazioni di un tempo: la tensione al cancelletto di partenza, il gracchiare delle radio dei giudici di gara, il countdown dello starter, 5…4…3…2..1, clic, un colpo di stinco e il cancelletto che si apre. Hop, hop, hop…..il vento sulla faccia sempre più forte e giù tra una rossa, una blu, un’altra rossa e così via fino al traguardo, cercando di non sbagliare, lasciando correre gli sci quanto più possibile, senza strappi, disegnando linee regolari. Questo mi mancava da tanto, troppo tempo! Nonostante una buona dose di goliardia sia il condimento principe di un evento di questo tipo, non manca comunque un sano spirito di competizione tra quanti si danno battaglia in pista. Se poi ci metti come apripista uno come Piero Gros, che si presta anche a fare da cronista e speaker ufficiale dell’evento, il gioco è fatto.

Domenica 8 Aprile. Una bella giornata di sole ha accolto i tanti partecipanti alla gara. Nonostante la primavera sia già sbocciata, la neve al Verena non manca. Una neve compatta e nelle prime ore della giornata anche ghiacciata nei punti più ripidi della pista sulla quale è stato disegnato un tracciato piuttosto tecnico nella parte alta, che nasconde pure qualche insidia.  Alle 8.00 c’è già tanto movimento alla base degli impianti di risalita. Il raduno dei “nostalgici degli sci dritti” è iniziato di buon’ora. Sci unici, alcuni veri e propri rari pezzi da collezione, abbigliamenti d’altri tempi, dettagli curati. Nel raggio di poche centinaia di metri si vede rievocare tutta la storia dello sci, o almeno quella dell’ultimo secolo. Questi elementi, uniti alla passione messa in campo dai protagonisti dell’evento, sono stati quelli che hanno garantito il successo della manifestazione. Le classifiche contano fino ad un certo punto perchè qui, al gigante degli Sciatori d’Epoca, sono soprattutto altri i valori che contano per davvero. Valori quali l’amicizia, la condivisione di esperienze umane diverse, lo studio e la ricerca dei materiali che hanno segnato le varie ere dello sci, uno strumento creato dall’uomo in epoca antichissima per andare a caccia e che, solo successivamente, sono stati addottati come strumento militare prima di diventare anche attrezzi sportivi da utilizzarsi nelle competizioni agonistiche o per uso turistico nel tempo libero dei tanti appassionati.  Però la gara c’è stata! Bella, intensa, combattuta fin che si vuole ma disputata con il sorriso ben stampato sulle labbra di tutti i concorrenti e una volta chiusa la parte agonistica si è dato spazio alla festa, una festa vera iniziata con il rituale delle premiazioni è proseguita poi, al Rifugio Verenetta, con una conviviale degna del più sontuoso dei “terzi tempi” del rugby. E poi ancora la ricca Lotteria benefica nella taverna trasformata in un museo dello sci che raccoglie attrezzi di rara bellezza e che hanno fatto la storia di questo sport. Ti guardi attorno e incroci sguardi felici di tante persone accomunate da un’unica vera, enorme passione per la neve, sguardi che nascondono però un sottile velo di tristezza per l’ormai imminente fine della stagione invernale. Sono tutti lì a pensare che dovranno attendere ancora almeno sette mesi prima di tirar fuori nuovamente i loro sci, ma tutti sanno con certezza che quel magico momento arriverà ancora una volta, come tornerà lo slalom degli Sciatori d’Epoca, la kermesse dei nostalgici cultori degli “sci dritti” che saranno ancora li pronti a darsi battaglia sulle piste innevate del Monte Verena.

SCIATORI D’EPOCA 1: <<HO VISTO COSE CHE VOI UMANI NON POTETE NEANCHE IMMAGINARE>>

Sci e sciatori d’epoca! Il campione dei campioni risponde al nome di Domenico Ranieri. Giunto in macchina dalla Sicilia, era in pista sabato mattina ed era in gara anche domenica. Ultimo della categoria “Veterani” accreditato del tempo di 49.27, a 20.93 dal primo. Cosa c’è di tanto straordinario in tutto questo? Nulla, se non vogliamo però considerare il fatto che questo “sciatore d’epoca” è della classe 1927. Quando gli Alleati, con l’operazione Husky,  sbarcarono in Sicilia nel Luglio del 1943, lui aveva già 16 anni. Davvero incredibile! Per la serie: 91 anni e non sentirli minimamente!

SCIATORI D’EPOCA 2: <<ORGANIZZAZIONE DA 10 E LODE!>>

Un bravo a Michele Battaglin, deus ex machina di “Sciatori d’Epoca”. Ha saputo coinvolgere tutti: partecipanti alla gara, ospiti, spettatori, quanti fossero li per assistere all’evento e quanti si trovavano al Verena anche solo per passare una domenica sull’ultima neve della stagione.  Ha guidato una macchina organizzativa perfetta, supportato da uno staff eccezionale che non ha lasciato nulla al caso.

SCIATORI D’EPOCA 3: <<EPICI COL LEGNO>>

Renato Vindiman e Mario Rubbo

Ci vuole un gran bel coraggio per scendere con due tavole di legno sotto i piedi, senza lamine, su una pista battuta e ghiacciata. Complimenti quindi ai 7 concorrenti che hanno voluto rievocare il periodo pioneristico dello sci. Meritatissimo il premio ex aequo assegnato a Mario Rubboed a Renato Vindimian per la miglior interpretazione storica dello “Sciatore d’Epoca”.

 

SCIATORI D’EPOCA 4: <<CONSIDERAZIONI FINALI>>

Erano davvero tanti anni che non utilizzavo i miei Rossignol 4S Equipe. L‘avvento del carving mi aveva fatto dimenticare certe sensazioni. Negli ultimi tempi poi, lo sapete bene, ho tradito più di qualche volta l’antico amore con la tavola da snowboard. Però ragazzi ve lo devo dire…..mi sono divertito un sacco. Per quel che mi riguarda gli “sci dritti” son più divertenti del “carv”. Parola di sciatore d’epoca!

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