Nei primi anni sessanta, al Sestriere c’era un piccolo skilift su una collinetta alla sinistra della vasta spianata d’arrivo delle piste, veniva chiamato Panettone. Ricordo, nel ronzio della Funivia che mi transitava sulla testa i tentativi per guadagnarne la cima in un goffo tentativo di “lisca di pesce”, e quanto fosse rapida la discesa rispetto alla fatica della risalita. Avevo un paio di sci, totalmente di legno, dipinti di nero lucido, comprati nel celebre negozio di articoli sportivi Milanesio. in via Di Nanni, a Torino. Di quel negozio ricordo i neon un po’ diafani e le perlinature alle pareti, gli sci multicolori allineati, e sopra le loro punte splendide gigantografie in bianco e nero, in particolare Nancy Greene, con gli sci in spalla, sorridente sotto i fiocchi di neve.
I miei genitori non sapevano sciare, il fratello maggiore se ne andava per i fatti suoi sugli skilift. Guardavo i maestri come entità astratte, marziani irraggiungibili che da un momento all’altro avrebbero anche potuto dire “Klatu barrada nicto” anzichè “peso a valle!”. Stavo là, incerto se essere disperato o immensamente felice, conscio che mi sarebbe stata sufficiente la minimale ebbrezza di una curva abbozzata, per iniziare una discesa che non è ancora finita.