L’equazione Thoeni di Giorgio Maioli


“Chi può dimenticare la caduta di Gustavo Thoeni alla terza porta del gigante mondiale di Valgardena 70? Quel giorno cercammo un motivo di un incidente che sembrava banale, assurdo, illogico anche perchè Gustavo avrebbe potuto vincere la sua prima medaglia d’oro mondiale. Si parlò della scarpa che aveva toccato la pista per l’eccessiva inclinazione dello sci esterno, lo sci sinistro. Poi si disse che fu lo sci a non tenere sulla placca di ghiaccio non consentendo quindi l’appoggio della gamba di Gustavo il quale fu spazzato da un invisibile colpo di judo alle gambe, a giudicare dalla dinamica stessa della caduta. Ma restarono supposizioni fino al 1971 quando due tecnici, due fratelli il cui nome è legato alle fortune dello sci azzurro, Cotelli, scrissero la parola fine su quel libro che divenne la prima bibbia della nuova scuola che aveva trovato in Gustavo Thoeni un leader che consentiva a Mario e Franco Cotelli di analizzare con un materiale umano di primissima scelta quali potevano essere gli slalomisti della squadra azzurra, le componenti che avevano portato la nuova rivoluzione nello sci mondiale. La risposta sulla caduta di Thoeni in Valgardena era tra le prime pagine di quel libro che come scrisse Emile Allais nella prefazione di un’opera simile ma scritta da Jean Vuarnet e Georges Joubert quattordici anni prima, nel 1957, per documentare un’altra rivoluzione nella tecnica, quella francese, *era un libro che appariva al momento giusto.

..Anche Mario e Franco Cotelli cercarono tra le pieghe di quell’incidente che costò all’Italia un’affermazione quasi, sicura, per trovarvi la spiegazione, una ragione logica. Ma nulla, anch’essi, come tutti noi, andavano alla ricerca di una possibile verità che esisteva certamente, ma che neppure Thoeni lì per lì seppe trovare.
Doveva trascorrere un anno di corse, un anno di esperienze per colmare finalmente quel vuoto: Gustavo era cresciuto, era passato attraverso il filtro di prove ben più difficili di quel gigante quasi storico, soprattutto erano trascorsi due anni da quando Gustavo era apparso sulla scena mondiale vincendo a Val d’Isère il suo primo gigante mondiale. Una stagione, dal 1969 al 1970 per salire tra le stelle e per cadere in Val Gardena, un’altra stagione, dal 1970 al 1971 per affermarsi quale leader mondiale e vincere la sua prima Wrld Cup.
Mario e Franco Cotelli anatomizzarono questi due anni thoeniani e constatarono che Gustavo era caduto sei volte in gigante E SEMPRE DURANTE CURVE VERSO DESTRA.

Strano a dirsi, proprio verso destra Thoeni è sempre stato perfetto nell’esecuzione della curva. Franco e Mario Cotelli, come scrissero in *Sci Domani*, dedussero che le cadute di Thoeni nelle curve a destra fossero il prodotto di quelle componenti che, in definitiva, costituivano anche il punto di forza di Gustavo: con la differenza che quel movimento esasperato che portava al divaricamento dello sci esterno era eccessivo ed il caricamento dello sci interno era anticipato. La risultante di queste due componenti era una sola: LA FORZA CENTRIFUGA GLI SOLLEVAVA LE GAMBE PROIETTANDOLE VERSO LA TANGENTE. Eliminato l’errore Gustavo non cadde più nel tranello delle forze dinamiche della curva. Cadde per altri motivi, spiegabilissimi, come l’urto della punta di uno sci sul paletto. Ma erano cadute ben diverse. Fu sufficiente spiegargli il difetto in cui incorreva, perchè lo eliminasse subito: questo è uno dei molteplici aspetti, delle tante sfaccettature che possiede colui che ha continuato il discorso interroto da Jean Claude Killy. Uno dei suoi primi allenatori, il francese Bernard Repellin, il quale preparava nelle’estate del ’67 sul ghiacciaio di Sarennes i giovani di un club della Savoia, ricorda ancora oggi che insegnare a Gustavo, era come caricare di dati una memoria elettronica, tanta era la facilità con cui questo ragazzo di sedici anni apprendeva e digeriva subito ogni movimento. Repellin gli insegnò la posizione in assorbimento, la ricerca dello scorrimento, mentre la concentrazione durante una corsa tra i pali, la serietà, il modo di comportarsi, il controllo di sè in ogni momento fu il prodotto della scuola di Italo Pedroncelli e, più su nel tempo, quando gustavo era un ragazzino che sciava tra i pali di legno messi sulla pista alla meglio, dalla scuola paterna.

Possiede un formidabile istinto, una dinamica eccezionale che gli consente nelle curve e in particolari condizioni di difficoltà un rapido spostamento di spigolo e questa peculiare caratteristica gli favorisce recuperi che sono impossibili agli altri discesisti.
Con la sua apparizione è iniziata un’evoluzione della tecnica discesistica, particolarmente in slalom e in gigante. Vuarnet, quando era direttore tecnico delle squadre italiane di sci, paragonava l’epoca di Gustavo Thoeni a quelle che fanno parte della storia evoluzionistica: da Francois Bonlieu a Guy Perillat, da Jean Claude Killy a Thoeni. E’ naturale che Vuarnet eliminando ogni riferimento all’Austria, si riferiva all’ultima trasformazione tecnica dello sci dopo il “welden” di Kruckenhauser. La sostanza di cui è impastato Thoeni, non trova affatto riscontri, nessuna vita parallela che li possa stare a fianco. Quella che comunemente è considerata introversione, timidezza, complesso, ognuno può chiamarlo come vuole, in gustavo è tutt’altra cosa: è concentrazione, sempre concentrazione, spinta forse al suo limite comprensibile. Anche quando l’argomentazione è banale, di superficie, egli raccoglie, cataloga e preferisce non rispondere. Allora diventa mutismo per l’interlocutore, una parete di ghiaccio sulla quale scivola a terra ogni domanda senza possibilità di appiglio. Se la domanda è intelligente, egli raccoglie, classifica e risponde: e risponde spesso con una frase che contiene un significato profondissimo, difficile forse da comprendere subito.

“E’ condizionato spesso dall’ambiente che lo circonda. Ne subisce l’effetto positivo o negativo. Teme terribilmente di essere oggetto, di diventare una cosa importante, un monile prezioso, un soprammobile da spolverare accuratamente ogni mattino, caso mai da mettere sotto una campana di vetro. Reagisce positivamente davanti a chi non lo importuna con frasi pedestri, le frasi che si dicono occasionalmente quando si ha davanti agli occhi un superman, un supemedagliato. Troppo facile parlargli di sci: provate a parlargli di macchine fotografiche, sono la sua seconda passione, il suo cosiddetto hobby, oppure a parlargli di cose strane, completamente al di fuori della dimensione comune: egli allora vi risponde come un interlocutore comune.
Anche quando c’era di mezzo il suo futuro, soprattutto dopo le Olimpiadi di Sapporo, e fu preso d’assalto da tutte le posizioni possibili e con ogni mezzo possibile, riuscì a non perdere la testa: fece come Killy il quale dopo aver vinto la libera ai mondiali di Portillo e la prima Coppa del Mondo della storia, tra il ’66 e il ’67, rifiutò i dollari che gli offriva l’America dei professionisti.
Per Gustavo fu nell’estate del ’72. Un mattino ricevette una lettera importante: aveva il timbri di New York, era firmata Bob Beattie, il quale gli aveva preparato il solito ponte d’oro per attraversare l’oceano. Gustavo ne fu lusingato, ma non lo avrebbe spostato neppure un camion pieno di lingotti d’oro da Trafoi.
Poi qualche giorno dopo, un elicottero giunse dal confine austriaco e dopo aver sfiorato la Punta degli Spiriti che sovrasta il ghiacciaio dello Stelvio, si posò sulla neve. Assieme al pilota c’era un inviato speciale di una grande industria austriaca: l’obiettivo era Gustavo. Fu invitato a fare un volo in Austria, Gustavo salì assieme al cugino Rolando e rientrarono il pomeriggio. In un momento della giornata, fu sventolato un assegno in bianco, il limite era di 40 milioni. I boss dell’industria mondiale dello sci ormai si contendevano Gustavo senza esclusione di colpi. Ma fu come se gli avessero fatto una domanda cretina, quindi raccolse, classificò e rispose che lui non c’entrava per niente con quelle cose in bianco, che ci avrebbe pensato il padre, andassero da lui, da Giorgio Thoeni. I boss sapevano in anticipo quale sarebbe stata la risposta di Giorgio Thoeni,come mettere il ghiaccio nel freezer….non provarono affatto.

La scena si ripeterà puntualmente alla conclusione delle Olimpiadi ’76 di Innsbruck quando i contratti col Pool della FISI avranno lasciato libero Thoeni di scegliere eventualmente altre attrezzature. Neppure a parlargli di Jean Claude Killy, Gustavo si sposta un millimetro dalla sua calma abituale, l’emozione non gli fa certo salire la pressione. Dice “Killy?, si l’avevo visto sciare, ma non mi piaceva il modo con cui sciava, sciava quasi più per gli altri, per il pubblico, che per se stesso e non credo proprio mi abbia influenzato. Io non scio come lui. Poi bisogna considerare un aspetto importante, dal ’68 al ’70 gli stili e le tecniche sono notevolmente cambiati anche perchè sono cambiati i materiali, c’è stato un perfezionamento tecnologico considerevole”.
Sistemato Killy al suo posto nella storia, per Gustavo Thoeni sono più importanti le rivoluzioni che sci e scarponi hanno portato all’evoluzione tecnicistica.
“Quando si hanno sotto i piedi sci leggeri e morbidi, i buoni scarponi aiutano enormemente per farli girare al momento richiesto e anche in condizioni difficili” dice Gustavo. Della stessa opinione è anche Mario Cotelli, quando dice che confrontando le diverse dinamiche di curva degli sciatori degli anni sessanta con quelli di dieci anni dopo, lo stile del superman resta medesimo, varia caso mai la tecnica con cui si esegue la curva, ma in funzione dell’evoluzione che l’attrezzatura ha subito in questi 10 anni, ossia fino al ’70.
A differenza di Gros, il quale si concede alle mani esperte degli skimen, Gustavo cerca di approfondire di più i segreti dello sci anche dal punto di vista tecnologico: egli preferisce, ad esempio, usare sci metallici anche in gigante. Ha idee precise anche in tema di allenamenti, di preparazione: “Chi pensa esclusivamente alla libera e si prepara soltanto per la discesa, non impara certamente a curvare. A mio parere sarebbe importante allenare insieme slalomisti e liberisti, quando il training è fatto bene, le cose vanno bene anche durante l’inverno quando si corre”.

…”Sa perfettamente quello che vuole e quando c’è qualche cosa che non segue il binario giusto, allora insieme facciamo un rapido esame della situazione per eliminare ogni possibile errore” dice Messner,. il preparatore atletico della squadra azzurra, colui che gli è sempre vicino nei momenti importanti. L’episodio avvenuto durante il parallelo della Valgardena, prova finale per l’aggiudicazione della Coppa del Mondo, è significativo: Gustavo era in ritardo nella partenza, mentre Stenmark, suo diretto antagonista e quasi certamente l’avversario che poi avrebbe avuto a fianco in finale, riusciva ad eseguire partenze quasi simultanee con l’apertura del cancelletto.
La cosa impensierì il clan azzurro, dalla partenza poteva dipendere la vittoria, era sufficiente quel vantaggio infinitesimale per arrivare in fondo con gli sci davanti a quelli dell’avversario.
Si stavano disputando ancora le qualificazioni e Messner ebbe l’idea di provare una serie di partenze per creare in Thoeni la tensione giusta, e Gustavo con la calma che gli è peculiare anche nei momenti in cui salterebbero i nervi a una statua di pietra, al colpo di pistola scattava, una, quattro, otto, quindici volte, per raggiungere la sincronizzazione il più possibile perfetta con l’istante in cui i cancelletti si spalancavano.
Quando venne il momento della finale, Stenmark fu battuto proprio sul suo terreno più favorevole, la partenza, sia pure di qualche centesimo di secondo. Gli scatti dietro la tenda rossa anziché eccitarlo, gli fecero l’effetto di un calmante e contribuirono a fargli trovare la lucidità e la concentrazione necessari per non lasciare dietro si se il più piccolo errore.
Il giorno dopo quella vittoria, che gli consentì di mettere la sua quarta coppa di cristallo vicino alle altre tre, a Gustavo fu chiesto che cosa pensasse del parallelo. Rispose: “E’ carino, ma non so se sia una prova all’altezza della World Cup”. Tutto qui.

You May Also Like

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *