E’ un’attività che non avviene quasi mai alla luce del sole, un’attività nascosta, quasi “carbonara”, sebbene sia importantissima per la pratica dello sci. Ci si attrezza per trovare uno spazio adatto, dove poter “operare”.
Come molti, sono anch’io confinato (dalla mia famiglia) nel box auto per sciolinare. Però vuoi mettere che momenti!
Silenzio, tranquillità assoluta, relax, pensieri che si incrociano, la mente che si libera, una canzone che ti risuona nella mente. E poi l’odore acre della sciolina sciolta, che per qualcuno diventa addirittura un profumo (“profumo di gioventù”), che a poco a poco pervade il locale, il fumo che si diffonde, il ferro che scalda un po’ l’ambiente e le solette che a poco a poco sono ricoperte dal prezioso liquido che si rapprende.
E’ una questione di attenzione e di concentrazione. La mano che pericolosamente si avvicina alla piastra calda per reggere la tavoletta di sciolina, ma che con esperienza e perizia viene tenuta salva.
La prima passata per lasciare le gocce informi. Ognuno ha i propri metodi ed un percorso “cabalistico”. Prima il sinistro o prima il destro? Prima una lato dalla punta alla coda e poi ritorno o movimento incrociato? Ho sempre trovato rassicurante seguire un percorso prestabilito, ripetitivo, sebbene non manchino elementi di rottura della routine. Ad esempio quel filo elettrico del ferro da stiro riciclato che si impiglia sempre, che scappa da tutte le parti. Non sono mai riuscito a “domarlo” in modo definitivo!
Seconda fase: le gocce informi e rapprese di sciolina vengono affrontate ed uniformate nelle varie zone. La soletta degli sci che risulta ora ben ricoperta e poi il ferro che passa via sempre più veloce, sempre più lubrificato.
Trovo appagante vedere che una situazione inizialmente disordinata trova una sua regolarità uniforme. Ancora una passata, un’altra ancora. Gli sci che pian, piano vengono allineati a lavoro completato. La felicità che deriva dall’attesa per l’impiego il giorno dopo. Ah, che soddisfazione!
